Dream island!

Questo è un porto sicuro, dove si rispetta ogni essere vivente: ben arrivato, straniero!

lunedì 3 gennaio 2011

Un natale imprevisto (fine)

Un leggero tocco alla fronte la risucchiò dalla sensazione ovattata in cui si trovava, facendola riemergere e aprire gli occhi.

Sarah era china su di lei e piangeva!
“Ciao!” le disse con voce impastata “Perché piangi?”
“Giuro che se non muori adesso, ti uccido io!” le gridò la ragazza abbracciandola forte e continuando a singhiozzare “Mi hai fatto prendere un infarto quando ti ho visto a terra in mezzo a tutto quel sangue!”
Angelica aggrottò la fronte, mentre cercava di sopravvivere a quell’abbraccio che le toglieva il respiro.
‘Sangue?’ pensò sorpresa, cominciando lentamente a realizzare quello che era accaduto.
Quando l’amica la lasciò, si guardo sorpresa la mano, fasciata di recente e il ricordo del ragazzo con le treccine e del suo coltello si impossessarono della sua mente.
“Bill!!” esclamò cercando di alzarsi.
“Sta bene!” le rispose Sarah, spingendola sulla barella dell’ambulanza su cui era stata messa “Grazie a te! … Tu sei pazza!”
Le sorrise tra le lacrime, facendole una leggera carezza sulla mano fasciata.
“Non so cosa sia successo!” si scusò scrollando le spalle “Ho visto quel tipo e …. Ma lo hanno preso?”
“No, purtroppo! E’ sparito tra la folla! … Pensa che all’inizio credevano che fossi tu l’aggressore!”
“IO?? … Ma … sono pazzi?” urlò rischiando di strozzarsi.
“Nessuno ha visto, tranne te, quel tipo … Lo hanno capito solo dopo, quando Gustav ha indicato dall’autobus, ad un body guard il tipo che scappava!”
“Ricordami di mandare un mazzo di fiori a quel ragazzo!” sorrise Angelica, ringraziando il cielo che qualcuno l’avesse scagionata.
Le parole di David le tornarono alla mente: ‘pazze, invasate, scriteriate ….’!
Quanto aveva ragione! Come si poteva però pensare di fare del male a quei ragazzi? Cosa spingeva una persona a cercare di colpirli?
Una grande tristezza di impossessò di lei, facendola riscuotere solo quando Sarah la scrollò, chiedendole:
“Ti senti bene? Chiamo il medico?”
Scosse la testa, riportando l’attenzione su di lei.
E all’improvviso un pensiero le attraversò la mente …
“Sarah, passami la mia macchina fotografica! Svelta!”
L’amica la guardò ad occhi sbarrati, ma lei la spinse e la costrinse a muoversi. Appena ebbe lo zaino, cercò freneticamente con la mano sana, l’apparecchio, accendendolo e scorrendo le foto che aveva scattato.
“Eccolo qua il tipo!” esclamò esultante, passando l’apparecchio all’amica “Ero sicura di averlo inquadrato da qualche parte!”
“Pazzesco!” mormorò Sarah fissando il ragazzo con le treccine, nella cui mano brillava un oggetto appuntito “Che ci fa nelle tue foto?”
“L’avevo preso per … Tom!” rispose lei arrossendo, non volendo confessare che credeva fosse un altro ragazzo, con degli splendidi occhi verdi, della cui esistenza non era sicura.
“Che strana coincidenza!” sospirò Sarah, passandole la macchina fotografica “Sarà il caso di darne una copia alla polizia che è qui fuori!”
Ad un cenno di assenso dell’amica, aprì la portiera dell’ambulanza e uscì, parlottando con qualcuno all’esterno che poco dopo entrò.
La donna poliziotto le sorrise, mentre le chiedeva l’apparecchio, scaricando tramite bluetooth sul palmare la foto segnalata. Raccolse velocemente la sua deposizione e augurandole una pronta guarigione, scese dal veicolo.
“Possiamo tornare a casa?” chiese Angelica, tirandosi su e sperando di andare via al più presto, per dimenticare quella brutta esperienza.
“Se te la senti, credo di sì!” le rispose Sarah, sorridendo “Facciamo ancora in tempo a prendere l’autobus per l’Italia!”
Si guardarono e ad un cenno di assenso, Angelica si alzò, cercando di capire se aveva capogiri. Una infermiera l’aiutò a scendere, consegnandole un foglio e tastandole il polso.
Ringraziandola e firmando, Angelica indossò il giubbotto facendo attenzione alla mano ferita e si avviò al braccio di Sarah verso l’uscita.
“Aspetta!” le gridò una voce alle spalle facendole voltare sorprese.
L’uomo vestito di nero che l’aveva soccorsa, si avvicinava a passo veloce verso di loro, raggiungendole. La scrutò per qualche attimo e poi le sorrise.
“Stai bene?” le chiese.
“Si … grazie di avermi aiutata!” le rispose Angelica sorridendo a sua volta, timidamente.
“Grazie a te per quello che hai fatto! … Non ci fossi stata tu, forse …!”
“Non ci pensiamo, ok?” rispose la ragazza, scacciando l’immagine con un cenno della mano.
“Ho una cosa per te!” le disse porgendole un telefonino.
“Vuoi darmi il tuo telefonino?” chiese sorpresa, fissandolo negli occhi.
L’uomo scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
“No, devi parlare al telefono!”
Prevedendo che fossero stati avvisati i suoi genitori e che sua mamma avrebbe già fatto una paternale lunga come una quaresima, sospirò e si preparò all’urto delle sue urla.
“Ciao mamma! Respira e non preoccuparti! Sto bene e sto tornando a casa, ok?” le disse tutto d’un fiato, pronta alla guerra.
Si udì un attimo di silenzio dall’altro capo e poi, con voce molto bassa:
“Ciao!”
La voce di un uomo la sorprese, gelandola! Non era sua padre, né suo fratello!
Alzò gli occhi sull’uomo che rideva sempre più apertamente davanti alla sua confusione.
“Con … chi parlo, per favore?” chiese con una vocina bassa, arrossendo violentemente.
“Sono Bill!” le rispose una voce sorridente “E tu, come ti chiami?”
Angelica si aggrappò al braccio di Sarah stringendolo fortissimo e facendola sussultare, mentre una scarica gelida la colpì lungo la schiena.
“Io … ehmm … sono Angelica!” rispose, rilasciando l’aria.
“Nome bellissimo!” sorrise il ragazzo dall’altro capo “Solo un angelo poteva fare questo per me, stasera!”
“Non ho fatto nulla!” protestò lei, imbarazzata “E comunque, scusami per averti spinto!”
“Se non lo avessi fatto, probabilmente sarei io su quella ambulanza!” le ricordò Bill “Quindi grazie! … Come stai?”
“Avrò una buona scusa per non andare a scuola per un bel pezzo!” sorrise lei, ritrovando la sua solita aria sbarazzina “Mi hanno messo qualche punto, ma sto bene!”
“Ne sono felice!” le disse lui “Ci tenevo a ringraziarti di persona! … Eri venuta al concerto?”
“Sì, siete stati favolosi! E’ il più bel natale che abbia mai trascorso!” sospirò entusiasta al ricordo.
“Se sei felice dopo quello che ti è successo, deduco che i tuoi Natali non siano da ricordare!” rise Bill facendola scoppiare in una risata.
“In effetti, vista così la situazione!” rispose continuando a ridere, sotto lo sguardo perplesso dell’amica.
“No, sono felice per il concerto!” rispose seria, ricomponendosi “Il resto passa tutto in secondo piano!”
“E io sono felice che tu stia bene nonostante tutto!” le disse il ragazzo “Ti ho mandato una cosa tramite un nostro incaricato, come ringraziamento! Ti ringrazio di vero cuore!”
“Ma .. non dovevi …” balbettò confusa “Io .. grazie! .. Non so che dire!”
“Non dire nulla allora! Promettimi che al prossimo nostro concerto che verrai, passerai a salutarmi, va bene?”
“Promesso!” esclamò felicissima “Contaci!”
“Allora a presto! … E ancora Buon Natale!”
“Anche a te! … Ciao Bill!”
Con un sorriso imbambolato passò il telefono all’uomo di fronte a lei, girandosi verso l’amica che aveva spalancato gli occhi.
“Bill????” le chiese.
“Sì, era lui e mi ha ringraziato!” rispose ridendo come una matta “E mi ha chiesto di andarlo a salutare al prossimo concerto!”
“NON CI POSSO CREDERE!” urlò Sarah “Hai parlato davvero con lui?”
“Giuro!”
L’amica l’abbracciò fortissimo, sorridendo e saltellando per la felicità.
“Angie, sei proprio fortunata!”
“Ah bhé, prendersi una coltellata, non direi proprio che sia fortuna! … Ci vuole ricerca e concentrazione!” rise, liberandosi dall’abbraccio e mostrando la mano fasciata.
Scoppiarono a ridere, dandosi pacche sulle bracci, mentre l’uomo era raggiunto da un collega che gli passò un pacchetto.
“Questo è per te, Angelica!” le disse, porgendoglielo.
Con sorpresa lo prese e lo aprì sollecita: all’interno c’era una infinità di gadget ed accessori del gruppo! Magliette, felpe, poster, portachiavi, fascia per i capelli e una serie di foto autografate dal gruppo, dedicate a lei! Strinse al petto il pacco come fosse un tesoro e sospirò.
Si, era veramente il più bel Natale mai avuto!
Abbracciò l’uomo e lo ringraziò e salendo a bordo di un’auto che le avevano messo a disposizione, si allontanò con Sarah in direzione del terminal del bus.
Chiacchierano e risero per tutto il tragitto, mentre Angelica le porgeva alcune magliette in regalo.
“Ma sono state date a te!” protestò l’amica.
“Dai, siamo amiche no? Vorrà dire che le indosseremo a turno, ok?”
Si abbracciarono felici di essere insieme e promettendosi di rimanere sempre amiche.
Si imbarcarono di corso sul bus che doveva partire di lì a poco, guardandosi intorno e ritrovando Rita, Jessica ed Alba.
Si abbracciarono e raccontarono cosa era accaduto, mentre Angelica veniva circondata dall’attenzione e da un pizzico di gelosia delle altre ragazze.
Sospirò beata mentre Sarah raccontava i dettagli, interrompendosi per chiederle conferma e sorridendo.
Angelica gettò un’occhiata fuori dal finestrino e colse un movimento che la colpì: una serie di treccine nere, volteggiava al vento, mentre un ragazzo con una fascia nera sulla fronte, faceva cenno all’autista di aspettarlo.
Si raddrizzò prontamente, allungando il collo verso la porta. Dopo pochi attimi, David fece capolino sulla scaletta e gettò una occhiata perplessa verso di lei.
“Ciao Angelica!” le disse con voce profonda e sorridendo.
Di colpo intorno a lei il cicalecciò delle chiacchiere si zittì e otto paia di occhi sorpresi, passavano da lei al ragazzo, interrogativi.
“Ciao David, anche tu in partenza?” rispose arrossendo.
“Già! Il provino è andato bene e torno a casa! Rientro in Germania dopo capodanno!” rispose, sistemando la sua sacca e tornando a guardarla “Cosa ti è successo?” chiese indicando la sua mano.
Angelica la guardò e scrollò le spalle.
“Lunga storia!” rispose sorridendo appena “Diciamo … colpa delle fan dei Tokio!”
“Te lo avevo detto che sono un esercito di scalmanate!” le rispose sorridendo e scuotendo la testa “Dai, vieni qui e raccontami tutto!”
Batté la mano sul sedile accanto a lui, invitandola a sedersi. Angelica si alzò, strattonata da Sarah che la guardava ad occhi sbarrati, facendo strani versi che non capiva.
Scosse la testa e sorrise alle amiche.
“Ragazze, lui è David! … Lunga storia anche questa, che poi vi racconterò, ok?”
Fece l’occhiolino alle ragazze che la fissano interdette, promettendo con un gesto che ne avrebbero parlato più tardi, mentre correva quasi a sedersi accanto a lui, sentendosi letteralmente sprofondare nei suoi occhi.
E pensare che se non fosse stato per l’impressione di averlo visto al concerto, tutto quello non sarebbe mai accaduto!
“Colpa tua!” sospirò sprofondando nel sedile e arrossendo subito, quando si accorse che lo aveva detto ad alta voce.
“Lo sapevo!” ridacchiò lui “Avevo il sospetto che qualsiasi cosa ti fosse accaduta avresti dato la colpa a me!”
Le diede un leggero colpo al braccio e le porse un sacchetto di caramelle gommose a forma di orsetti.
“Mi perdoni?”
Avvolta dal suo sorriso e da quella calda sensazione di serenità, Angelica lo guardò sorridendo e annuendo con la testa, mentre prendeva il pacchetto.
“Perdonato!” rispose infilando il braccio sotto il suo e lanciandosi nel racconto del concerto e di tutto quello che era seguito.
Sì, era stato un Natale imprevisto e stupendo e tutte le premesse sembravano portare a pensare che quello che ne sarebbe seguito, sarebbe stato ancora meglio.
Bill, concerto, incontro e David compresi!

FINE
 
 
 
 

Un natale imprevisto (parte 4)

“Adesso ho proprio fame!” esclamò Sarah, guardando le altre, in attesa di una risposta.

“Pensandoci anche io mangerei qualcosa!” le rispose Rita, fissando accigliata l’orologio “Sono più di 16 ore che non facciamo un pasto decente!”
“Ci sarà un fast-food nei dintorni?” chiese perplessa Alba, guardandosi intorno.
Angelica fece scorrere lo sguardo nei dintorni, sui vari edifici che costeggiavano la strada e in quel momento un movimento colpì la sua attenzione: una massa di treccine e una fascia per capelli!
“David!” esclamò sorpresa, anche se realizzava in un angolo della sua mente, che poteva essere una qualunque fan abbigliata in quel modo.
Senza pensarci si lanciò all’inseguimento della figura in movimento, mentre le sue amiche la chiamavano sorprese.
“Ho visto una persona!” gridò loro, correndo verso la sua direzione, vedendolo inoltrarsi nella folla “Aspettatemi qui!”
“Ci perderemo!” le urlò dietro Rita agitando le braccia “Non allontanarti!”
“Ti mando un messaggio se non vi ritrovo, ok?” rispose Angelica continuando a tenere lo sguardo sulla figura e correndo verso la sua direzione.
Schivò infinità di persone, tenendo gli occhi su quelle treccine che si allontanavano dalla massa, inoltrandosi sempre più in profondità, in direzione del parcheggio.
“Ehi!” urlò nella sua direzione, cercando di farlo voltare e capire se era davvero lui.
Ma la figura continuò la sua camminata veloce, ignorandola e dirigendosi verso un autobus nero fermo sul parcheggio, dietro una cancellata.
‘Ma dove va?’ si chiese perplessa, accelerando il passo.
La figura si diresse sicura verso il cancello, attraversandolo e raggiungendo un gruppo di persone ferme nei pressi del portellone dell’autobus aperto.
C’erano vari gruppi di ragazze, in trepida attesa, che chiamavano a gran voce i quattro componenti del gruppo.
‘Ma quello è l’autobus dei Tokio!’ si disse perplessa Angelica, accelerando il passo curiosa ‘Sta a vedere che riesco a vederli da vicino!’
Arrivò a ridosso di un gruppetto che non si voltò neanche a guardarla. Erano tutte con lo sguardo inchiodato verso una porta che dopo pochi secondi si aprì, facendo passare alcuni componenti dello staff e Gustav, scortato e bardato in sciarpa e cappello.
Un boato si alzò dalle ragazze, ma Angelica continuava a tenere gli occhi sulla porta, in attesa che uscisse Bill. Il suo cuore batteva all’impazzata, facendole addirittura fischiare le orecchie.
Respirò forte e cercò di darsi una controllata: non poteva svenire proprio in quel momento. All’improvviso si ricordò della macchina fotografica e si apprestò a prenderla, inquadrando la porta, pronta ad immortalare l’evento.
Le urla aumentarono e cercò disperatamente di evitare che le braccia protese di fianco e dietro di lei, le impedissero di scattare la foto e di perdere addirittura l’apparecchio.
Bill uscì in quel momento, salutando timidamente con la mano e sorridendo.
Click! Angelica scattò a sequenza infinita, mentre il ragazzo le passava davanti e si apprestava a salire sull’autobus.
E fu in quel momento che lo rivide .. Il tipo con le treccine era fermo accanto alla porta aperta ed aveva in mano qualcosa. A una prima occhiata sembrava un telefonino, pronto ad immortalare una foto, ma quando Angelica abbassò gli occhi sull’oggetto e lo guardò attentamente, si rese conto con terrore che era una piccolo coltello!
Il suo cuore si fermò e il mondo intorno prese a vorticare: cosa voleva fare quel pazzo?
Infilò con un gesto veloce la macchina fotografica nello zaino e si lanciò senza pensare verso il gruppo che la separava dal ragazzo.
Non pensava a quello che faceva, teneva solo gli occhi puntati su quella mano, focalizzando solo che doveva fermarlo.
‘Vuole colpire Bill! Vuole colpire Bill! Vuole colpire Bill …’ ripeteva la sua mente freneticamente, mentre si muoveva a rallentatore, cercando di attraversare quei corpi che bloccavano la sua corsa.
“Fatemi passare!” urlò disperata, spingendo via delle persone “Spostatevi!”
Ma sembrava che nessuno le desse retta!
Si sentiva impotente, mentre cercava disperata di raggiungere quella figura.
All’improvviso, come se il mondo avesse deciso di collaborare, il tempo sembrò accelerare e si ritrovò a pochi centimetri dalla persona che, con il volto coperto da una sciarpa, teneva gli occhi incollati alla figura di Bill che, incurante di ciò che accadeva, si voltava a salutare ancora una volta.
Fu un solo attimo e vide quel braccio alzarsi …
Non ci pensò neanche e si gettò nella sua direzione, con le braccia tese a bloccare quella mano urlando fortissimo:
“Bill spostati!!” e dandogli una secco spintone per allontanarlo.
Il ragazzo si spostò in avanti sorpreso, barcollando, mentre lei e il tipo a volto coperto, si schiantavano sulla fiancata del bus con un tonfo secco.
Fu questione di pochi attimi e tutto divenne caos: ragazze che urlavano, che si accalcavano verso i cancelli, uomini della sicurezza che chiudevano Bill in una cupola protettiva e lo portavano su per la scaletta, altri uomini che correvano verso di loro, bloccandoli.
Angelica sentì solo un piccolo urto alla mano e poco dopo si lasciava scivolare tra le braccia di una persona che la stringeva contro il bus, impedendole di muoversi.
Alzò appena gli occhi, mentre vedeva il tipo con le treccine abbandonare il coltello, perdere la sciarpa che lo copriva e mettersi a correre in direzione del cancello.
Non era David! Sospirò Angelica, non sapendo se essere sollevata o dispiaciuta!
Si portò una mano alla fronte per togliere una ciocca di capelli che rischiava di entrarle in bocca, quando si rese conto di averla bagnata e leggermente appiccicosa.
Se la guardò perplessa e scoprì che era imbrattata di sangue!
‘Di chi è questo sangue?’ si chiese perplessa, sentendo lo stomaco contorcersi e la vista annebbiarsi. Inutile: aveva sempre avuto il terrore del sangue e la sola vista bastava a farla sentire debole!
L’uomo che la teneva la fissò perplesso e subito dopo, con un cenno della mano, chiamò altre persone.
“La ragazza è ferita!” urlò nella loro direzione “Chiamate un medico e fate partire l’autobus!”
Angelica lo fissava a occhi spalancati, rendendosi conto che il sangue era suo. Eppure non sentiva dolore e continuava a fissare la sua mano gocciolante, che cominciava a versare il colore rosso sulla neve intorno ai suoi piedi.
Sorrise come in trance, fissando le macchie a contrasto con la candida neve, come se fissasse una scena di un film e non lei.
“Stai bene?” le chiese l’uomo lasciandola un po’ andare, ma riprendendola subito quando vide che stava scivolando verso terra “Dove sei ferita?” le chiedeva.
Ma Angelica non era in grado di rispondere: sembrava che la sua lingua si fosse incollata al palato e non volesse collaborare!
Cercò di aprire la bocca, ma non venne fuori alcun suono!
Bagnando un fazzoletto sulla neve, l’uomo glielo passò sul viso, portando via la scia di sangue che si era fatta quando aveva passato la mano e tamponando anche la mano, per bloccare il flusso che usciva.
Il rumore del bus che partiva la fece scuotere dai suoi pensieri, mentre sollevava il viso verso il finestrino: un Bill spaventato la fissava, circondato da altri uomini che cercavano di portarlo via da lì!
Angelica alzò gli occhi e cercò di sorridere, ma le venne solo una smorfia e un singhiozzo, mentre alzando la mano, in segno di saluto, crollava tra le braccia dell’uomo che la sorreggeva e il buio prese il sopravvento.

.......... continued ....
 
 

Un natale imprevisto (parte 3)

Una brusca frenata e uno scossone la svegliarono dal dolce abbraccio di Morfeo e sorpresa aprì gli occhi.

Sarah la stava scuotendo, chiedendole di riprendersi in fretta, in quando erano arrivate a destinazione. Stropicciandosi gli occhi ancora confusa, gettò un’occhiata fuori dal finestrino, guardando la massa bianca della neve che si era accumulata lungo i bordi delle strade, mentre il turbinio dei fiocchi creava un paesaggio quasi lunare.
Sbadigliò e si stiracchiò indirizzita, ma all’improvviso si bloccò, gettando veloce uno sguardo alle sue spalle.
Non c’era nessuno! Dove era finito David? Si alzò in fretta, allungando il collo verso i sedili posteriori del bus, ma era deserto.
“Ma non era salito qualcuno dietro di noi?” chiese alle amiche, in tono quasi indifferente, mentre il cuore le pulsava fortissimo.
“Eh? .. No, non mi sembra! Ci siamo solo noi! … Te ne sei dimenticata?” le rispose Rita sorpresa, gettando un’occhiata prima verso di lei e poi verso gli altri sedili vuoti.
“No .. mi era parso di sentire un rumore …” rispose, abbassando la testa, mentre infilava il giubbotto, cerando di nascondere la sua delusione.
“Ehi, volete muovervi?” gridò loro Alba dal fondo della scaletta, agitando le braccia.
Presero in fretta i loro bagagli e si precipitarono verso l’amica, stringendosi forte e schiacciando il viso tra le sciarpe per proteggersi dal freddo, mentre si incamminavano verso il terminal del bus per raggiungere la destinazione.
Si fermarono sotto una pensilina degli autobus cittadini, scrutando la cartina e cercando di capire quale fosse la direzione da prendere per raggiungere il palazzotto che avrebbe ospitato l’evento musicale.
Angelica continuava a guardarsi intorno un po’ spaesata, mentre l’immagine di David prendeva sempre consistenza nella sua mente. Possibile che lo avesse realmente sognato?
Sospirò delusa!
“Ehi, stai bene?” le chiese preoccupata Sarah.
“Sì!” rispose in fretta sbadigliando “Ho solo dormito poco!”
In quel momento un gruppo rumoroso e colorato di ragazze passò accanto a loro e rendendosi conto che stavano andando anche loro alla manifestazione, si unirono e tutte insieme si apprestarono a salire su un bus colorato che si fermò di lì a poco accanto alla banchina.
Arrivarono piuttosto in fretta alla meta dove si guardarono intorno sorprese ed eccitate: nonostante il tempo e la neve, la massa colorata delle fan era sparpagliata in tanti piccoli gruppi, reggendo striscioni e cartelloni per i propri idoli.
Angelica si sentì trasportare finalmente nella sua dimensione, dimenticando il freddo e la leggera fame che provava, facendosi investire dall’entusiasmo e dalla gioia.
“Ce l’abbiamo fatta!” gridò a Sarah, abbracciandola e ridendo.
La sua gioia contagiò tutti che si apprestarono a raggiungere le transenne dove i vari ‘street team’ distribuivano gadget ed impartivano le ultime indicazioni che avrebbero adottato durante il concerto.
Per l’evento era stato allestito all’esterno del palazzotto, un palco su cui, grazie a vari sponsor, varie ragazze si esibivano in cover delle canzoni dei Tokio, allietando l’attesa.
Prendendo una cioccolata calda e una brioche da un bar ambulante, le ragazze raggiunsero l’area antistante e tra un morso e una sorso di bevanda calda, facevano da coro alle valorose che si cimentavano nell’impresa.
Il tempo passò abbastanza in fretta e seppur ancora intontite dal freddo e la stanchezza, le ragazze arrivarono al botteghino per poter finalmente entrare e prendere posto nel parterre.
All’interno l’atmosfera era quasi magica: tutto era stato decorato con forme natalizie e pendenti a forma di stalattiti che davano l’impressione di trovarsi in una enorme grotta, illuminata a giorno da stelle gialle e blu.
Vari incaricati distribuivano cappelli natalizi e cordiali hostess vestite come tante aiutanti di Babbo Natale, indicavano a tutti i posti da occupare.
Nell’arco di un’ora anche le altre persone erano entrate, cambiandosi ed addobbandosi, trasformando la marea di fan in un popolo colorato e festoso, pronto ad accogliere i loro idoli.
Il cuore sembrò fermarsi quando, saettando sul pubblico, una luce colorata di blu, iniziò a percorrere il palco e la platea, introducendo in sottofondo la melodia di “Noise”.
Il pubblico esplose in un boato, mentre urla e braccia si alzavano verso il palco.
In un turbinio di luci e suoni, Tom, Georg e Gustav presero posto sul palco e mentre una colonna di fumo si alzava dal centro, cantando in sottofondo, arrivò anche Bill, vestito di rosso e nero.
La sua figura stagliata contro la luce della scenografia creava un’atmosfera così suggestiva da proiettare tutto l’evento fuori dal tempo.
Le due ore che seguirono furono magiche: Angelica cantò per tutto il tempo, ballando e saltando, agitando le braccia e scattando tante foto, di cui non aveva alcuna regola di inquadratura.
Non importava cosa registrava, cosa inquadrava: il momento era talmente di giubilo che importava solo esserci!
Sospirò beata e stanca, quando sull’ultima canzone “That Day” Bill augurò a tutti il Buon Natale, estendendo gli auguri anche alle loro famiglie e augurandosi che si sarebbero visti quanto prima in un altro concerto, per i mesi a seguire.
In un coro di applausi e proteste, i quattro artisti lasciarono il palco, salutando ed inchinandosi, mandando baci e applausi alle loro fan.
Angelica si sedette a terra, letteralmente esausta, ma sorridendo! Non ci credeva: non poteva essere vero!
Era stata talmente fagocitata dalle sue emozioni che non si era accorta che il tempo passava e lentamente la svuotava di ogni sensazione.
Non le fu lasciato il tempo di riflettere, perché gli addetti alla sicurezza, con fermezza cominciarono a chiedere al pubblico di lasciare il posto, visto che dovevano smontare palco e scenografia. Protestando inutilmente, le ragazze si portarono verso l’uscita, ridacchiando e scambiandosi le varie sensazioni, mentre indossavano i loro giubbotti e ritiravano i vari gadget che alcuni sponsor davano per l’evento.

............ continued .............
 

Un natale imprevisto (parte 2)

Fu Angelica che si svegliò per prima, a causa di una folata gelida che le sfiorò il viso.

Sbatté lievemente le palpebre e si tirò su il bavero del maglione, girandosi verso il retro del sedile per capire da dove provenisse il freddo.
Un ragazzo alto, con lunghe treccine nere, una felpa ampia e jeans cadenti, stava guardando sistemando nel vano bagagli la sua sacca, tenendo il finestrino leggermente aperto.
Seccata la ragazza fece per dirgli di chiudere, ma qualcosa nel suo portamento la bloccò.
Si strofinò gli occhi, svegliandosi di colpo dal dormiveglia e fissandolo con più intensità.
Le luci erano basse e non riusciva a scorgere il suo viso, ma aveva l’aria così familiare che Angelica non riusciva a staccare lo sguardo. Deglutì più volte, cercando di metterlo a fuoco, mentre un pensiero si faceva strada in lei.
Era assurdo, ma somigliava in modo dannatamente vero a Tom!
Provò l’istinto di svegliare Sarah, ma qualcosa all’ultimo momento la fermò! E se tutto quello che vedeva non era vero? E se fosse solo una sua impressione? O peggio: e se l’amica le avesse riso in faccia?
Si mise in una posizione più comoda e cominciò ad osservarlo.
In effetti gli somigliava molto: l’abbigliamento, la postura sicura, i capelli intrecciati e coperti da un cappello/bandana … eppure … qualcosa non la convinceva.
Sospirò e in quel momento il ragazzo alzò gli occhi su di lei, fissandola.
“Ti ho svegliata?” chiese con una voce molto melodiosa.
Angelica sentì il sangue schizzarle al viso e alla testa e dovette respirare profondamente, per impedirsi di svenire all’istante. Rendendosi conto che lui la fissava ancora, scosse con energia la testa, ma non riusciva a spiccicare parola.
Aveva una voce f-a-v-o-l-o-s-a!! Caspita, aveva sentito il freddo sparire di colpo e la sensazione di calore le stava facendo formicolare le dita dei piedi!
Si mosse imbarazzata, cercando di far passare il caldo, ma non osava sventolarsi con le mani: che razza di situazione!
“Ti da’ fastidio il finestrino aperto?” le chiese ancora, indicando lo spiraglio aperto.
“NO!” rispose subito e le sembrò di aver gridato, tanto aveva risposto di botto.
Che diamine le stava succedendo?
Si alzò in piedi cautamente, attenta a non svegliare le amiche e si appoggiò al seggiolino alle sue spalle.
“Non so cosa mi ha svegliata … una sensazione, un rumore …” scosse la testa, mentre si rendeva conto che stava parlando con un perfetto sconosciuto, su un bus semideserto, provando la strana sensazione di conoscere quel ragazzo.
“Magari sarà stata un movimento del bus!” le disse lui, sorridendo.
Angelica fissò come ipnotizzata il suo sorriso, avendo sempre più la sensazione che quel ragazzo fosse Tom.
“Io sono Angelica!” disse di botto, allungando la mano nella sua direzione.
“E io David!” le rispose il ragazzo, continuando a sorridere e stringendole la mano.
Una piccola scintilla si spense nel suo cuore, realizzando che, visto da vicino, il ragazzo non potesse essere il vero Tom. Il suo viso era diverso, più affusolato, più maschio, con l’ombra di una leggera barba e il sorriso di un bianco abbagliante. Ma quello che la teneva incantata a fissarlo, erano i suoi occhi: due schegge di un verde smeraldo che si notavano anche alla pallida luce dei neon.
Angelica sbatté le ciglia più volte, pensando di trovarsi in un sogno, da cui si sarebbe svegliata presto, ma il suo viso così vicino, la disorientava.
“Tutto bene?” le chiese David perplesso.
“Si .. scusa!” rispose ritirando la mano e infilandola nelle tasche dei jeans “Mi era parso che somigliassi a qualcuno!”
“Me lo dicono spesso!” borbottò lui sospirando “Sembra che somigli al chitarrista di un gruppo tedesco! … saranno le treccine!”
“A Tom!” rispose di getto la ragazza, trasalendo quando lui la fissò contrariato.
“Non sarai anche tu una di quelle esaltate!” le chiese con un tono tagliente.
“In che senso?” domandò sorpresa, ma indietreggiando colpita dal suo atteggiamento.
“Una loro fan!” rispose bruscamente “Sono stufo di essere bistrattato da quelle pazze furiose! Una si è accampata davanti casa mia per due giorni! … cose da pazzi!”
“Io non sono così!” sbottò la ragazza, guardandolo offesa.
“Ma sei una di loro!” esclamò David con tono di accusa.
“E allora?” Angelica alzò il viso con aria di sfida “Mi piacciono i Tokio Hotel e sto andando ad un loro concerto! Qual è il tuo problema?”
“Lasciamo stare!” le rispose seccato.
Si alzò di scatto, recuperò la sua sacca ed andò a sedersi in fondo al bus, girandosi di lato e affondando all’interno del sedile.
Rattristata e anche malinconica, la ragazza si sedette al suo posto, sospirando. Era dispiaciuta della spiacevole situazione in cui si era trovato David, riconoscendo che a volte le fans dei Tokio erano veramente odiose ed invadenti, al punto da rasentare l’ossessione, ma lei era una ragazza corretta. Non aveva mai cercato di sfondare i cordoni di protezione, o fatto scene isteriche per poterli toccare o vedere. Gli piaceva avvicinarsi a loro, cercare di vederli da vicino, ma non era mai neanche sognata di voler far loro del male.
Viveva della loro musica, delle loro emozioni, delle sensazioni inebrianti che le loro canzoni le davano, trasportandola in un mondo dove tutto era tagliato fuori, tranne che i suoi sogni.
Aveva un debole per Bill, lo ammetteva, che la faceva sognare con la sua classe, la sua voce, la sua stupenda aura che arrivava al cuore … ah, quanti sospiri e ricordi!
Sbirciò di nascosto il fondo del bus, ma riusciva a vedere solo il bordo della sua bandana!
Uffa! Eppure le era piaciuta la sensazione che provava con lui, anche se non era Tom!
Chissà perché si sentiva in colpa …
All’improvviso, senza sapere come, si ritrovò in piedi al centro del corridoio, che camminava verso di lui.
‘Che diamine sto facendo?’ si chiede mentre continuava ad avanzare, ma non accennò a fermarsi ‘Devo essere impazzita!’
Non fece in tempo a pensare altro, che si ritrovò davanti a lui, che alzò la testa e la fissò con aria interrogativa.
“Io … si insomma … io .. volevo dirti che ….” Deglutì più volte e poi, di botto, esclamò “Volevo chiederti scusa per tutto quelle che hai passato a nome di tutte le fan serie!”
Arrossì di colpo e girandosi, cominciò a correre lungo il corridoio per tornare a sedersi. Era quasi arrivata, quando la sua voce, la bloccò.
“Angelica!”
Si fermò di colpo e si girò molto lentamente, attenta a non minare il suo precario equilibrio che stava andando a pezzi.
“Tu non c’entri!” le disse sorridendo “Ma, grazie davvero! E’ stato molto gentile!”
Annuendo con la testa, la ragazza fece l’ultimo sforzo e tornò a sedersi, nascondendosi sotto il giubotto e chiudendo forte gli occhi, cercando disperatamente di dimenticare tutto quello che aveva fatto e sperando che fosse stato solo un sogno.
Senza accorgersene, lentamente, ma con un sorriso sulle labbra, scivolò nel sonno.

............ continued .....

Un natale imprevisto (parte 1)

Erano passati due anni dall’ultima volta, due interi e lunghi anni in cui non aveva fatto altro che sognare, pensare, desiderare che l’evento si ripetesse.

Angelica e Sarah ne avevano parlato fino alla nausea, ripetendo frase per frase le loro canzoni, strofa per strofa le parole un po’ ridicole e tenere insieme che pronunciavano in una lingua non loro, creando quel miscuglio che ti stringe il cuore.
E ora, eccole lì: imbaccuccate nei loro giacconi, con lo zaino stretto sulle spalle, mentre cercavano di farsi strada a spinta per poter salire sul pullman che le avrebbe condotte a Bonn per il concerto di Natale dei Tokio Hotel.
Oh quanto aveva risparmiato Angelica! Quanto aveva sopportato le critiche di sua mamma, le smorfie di suo padre e i dannati dispetti del fratello, solo per poter mettere da parte qualche soldo e ottenere il permesso per andare al concerto.
E quanto avevano avuto da ridire i genitori: ma come si fa ad andare ad un concerto il giorno di Natale!
Ma scherziamo?? Angelica ci sarebbe andata anche a Ferragosto, al suo compleanno … avrebbe rinunciato anche ad andare all’altare a sposare Dirk, il folle chitarrista rock di cui era innamorata e con cui stava da quasi sei mesi, pur di andare al concerto.
‘Certe cose nella vita sono sacre e naturali e non ci si rinuncia!’, aveva sentenziato con il suo piglio deciso, inarcando il sopracciglio.
Si lasciò cadere sul sedile imbottito, sospirando.
“Ce l’abbiamo fatta, eh Sarah?” sorrise all’indirizzo dell’amica, che le fece un pallido sorriso, mentre si sedeva accanto.
“Già!” rispose mesta, sbottonandosi il giubotto e guardando per la millesima volta il cellulare.
“Dai, non fare così!” la consolò Angelica “Ti chiamerà, vedrai! Lo sai che ti ama!”
“Stavolta era proprio incazzato …!” le rispose l’amica, con la voce appena incrinata.
“Ma Ste deve capire che per noi questo concerto è un qualcosa di irrinunciabile!” esclamò decisa “Siamo praticamente cresciute con loro! … E’ come se fossero parenti, ecco!”
Sarah abbozzò un sorriso forzato e in quel momento il pullman partì.
Il tempo era veramente terribile: il cielo grigio e freddo, il vento che soffiava pungente e la cappa che copriva la città sembrava presagire che la neve stava per arrivare.
“Speriamo che a Bonn nevichi!” disse felice “Sarebbe il Natale più bello che possa capitarci!”
“Già!” disse Sarah, cominciando a dimenticare lentamente il motivo che la rendeva un po’ triste “Ci pensi? Non mi sembra vero di essere in viaggio!”
“Non ci credo ancora, sai? Ne abbiamo parlato per così tanto tempo che non mi sembra vero! … Dammi un pizzicotto, dai!”
Sarah le assestò un potente pizzicotto sul braccio facendole fare un sobbalzo e lanciare uno strillo acuto.
“Ma sei pazza?” esclamò Angelica massaggiandosi il braccio “Guarda che mi serve tutto per il concerto, non puoi menomarmi così!”
Scoppiarono a ridere sommessamente, attirando l’attenzione di un altro gruppo di ragazze che sedeva a pochi sedili da loro.
“Andate anche voi al concerto dei Tokio?” si informò una ragazza con lunghi capelli biondi.
“Sì infatti!” rispose Sarah, mostrando la maglietta nera su cui c’era l’icona della band.
“Io sono Rita e le mie amiche sono Jessy e Alba!” disse la ragazza, presentando le amiche.
“Come Jessica Alba?” rise Angelica, presentandosi a sua volta.
“Vero!” esclamarono le due mettendosi a ridere “Voglio vedere cosa fa Tom quando ci vede insieme! … Non credo possa tirarsi indietro!”
Si sedettero in un unico gruppo, continuando a ridere e scambiandosi tutte le impressioni e le esperienze passate. Parlarono per ore dei concerti, delle canzoni, dei singoli componenti del gruppo, sentendosi sempre più spensierate e felici all’avvicinarsi alla meta. Come previsto, appena varcato il confine, il tempo peggiorò e la neve cominciò a cadere lieve.
“Nevica!” esclamò sorpresa Alba.
“Che bella!” sospirò Rita, sporgendosi verso il finestrino.
“Te l’avevo detto!” rise Angelica, dando una gomitata all’amica.
“Vero! Anche se … avrei preferito che nevicasse una volta arrivate!” rispose turbata “Non vorrei che ci fermino lungo la strada perché non si può proseguire!”
“NOOO!” esclamarono in coro le ragazze.
Una brusca frenata e la fermata sul lato della strada del mezzo, fece loro presagire le più lugubri previsioni.
Angelica si fiondò verso l’autista, col fiato in gola e il cuore stretto in una morsa.
“Non mi dica che non possiamo proseguire!” chiese all’autista.
L’uomo si girò a fissarla per qualche secondo e poi, con un sorriso, le rispose.
“Stia tranquilla, signorina! Dovete solo cambiare mezzo di trasporto, perché io non ho le gomme adatte per proseguire!”
La ragazza emise un lungo sospiro e si precipitò a prendere le sue cose, informare le amiche e precipitarsi sull’altro autobus a due piani che le aspettava qualche metro più avanti.
Appena a bordo, salirono al piano superiore, occupando i sedili davanti, prospicienti il lunotto panoramico da cui potevano ammirare tutta la strada e i fiocchi che cadevano vorticando.
“Come sul bus dei Tokio!” rise Rita “Mi sento come Bill!”
Scoppiarono a ridere, mentre si allungavano sui morbidi sedili e ammiravano il paesaggio.
“Cioccolata, signorine?” chiese una voce alle loro spalle, facendole sobbalzare.
Si girarono a fissare una simpatica hostess che, con una caraffa e dei bicchieri, le invitava a riscaldarsi.
“Meglio del Grand Hotel!” ridacchiò Sarah, annuendo e prendendo il bicchiere fumante.
“Bill se lo sogna un servizio così!” approvò Angelica “Come quella volta che cercava i cereali e con tutto il pullman a sua disposizione, non c’era stato nessuno che li aveva comprati!”
“E quell’altra volta che Gus …!” e andarono avanti per tutto il tempo a ricordare, sorridendo e consolandosi con sorsate calde di cioccolata che rendeva il viaggio più piacevole.
Si addormentarono serene, appoggiandosi una contro l’altra, quasi a solidificare il piccolo gruppo appena formato.




.... continued ...