Dream island!

Questo è un porto sicuro, dove si rispetta ogni essere vivente: ben arrivato, straniero!

martedì 2 novembre 2010

Il concerto con ... sorpresa!

...

“Smettila di spingere!” gridò Belinda a Naomi, mentre cercava di farsi largo tra la folla di ragazzine urlanti che sostavano davanti al Palazzetto dove si teneva il concerto.

“Se non andiamo più avanti, non vediamo niente!” le rispose di rimando la sorella.
“Per andare più avanti, dovremmo passare su parecchi cadaveri, mi sa!”
“Fai la finta tonta straniera e voglio vedere se riescono a fermarti!” le suggerì Annalisa spostandosi una ciocca di capelli dagli occhi.
Tante occhiatacce si levarono dalle ragazze vestite di nero che erano davanti alle transenne, in loro direzione, a cui Belinda rispose con un’alzata di spalle e occhiolino.
In effetti lei sembrava la più piccola delle tre, visto che era più bassa di almeno una quindicina di centimetri rispetto alla sorella e molto più esile.
Guardando Naomi, le scappò un sorriso: avevano un look molto particolare e non passavano di certo inosservate. Erano tutte e tre vestite di nero, con shirts e pantaloni neri, di diversi modelli e fogge, un trucco agli occhi “dark” sebbene non appariscente, ma ciò che le distingueva era la giacca di pelle colorata, che indossavano: blu scuro per Belinda, arancio per Naomi e rossa per Annalisa.
“Almeno se ci perdiamo, ci riconosceremmo in quella marea umana!” aveva detto Belinda quando le aveva indicate alle altre.
Ormai le prime ombre della sera si allungavano sulla città e tra qualche minuto avrebbero aperto i cancelli per permettere al pubblico di prendere posto ed assistere all’evento.
Le ragazze si guardavano intorno con curiosità, osservando i visi eccitati delle altre fans, quelli un po’ stanchi per la lunga attesa (alcune attendevano dalla mattina!) e quelli tolleranti dei genitori che accompagnavano i più giovani.
Un incaricato della security avvertiva, intanto, che non era permesso introdurre bottiglie sia in plastica che in vetro, macchine fotografiche e videocamere.
Dopodiché si scatenò l’inferno in versione “teens”: due guardie corpulente aprirono i cancelletti ed iniziò la carica delle ragazze in direzione palco per prendere i posti migliori.
Belinda si ritrovò pigiata tra una ragazza con una cresta altissima ed un ragazzo truccato come Bill a cui pendevano catene dai jeans neri sbrindellati, che correvano come tori alla corrida spagnola. Ebbe il tempo di fare un respiro profondo, come prima di un’immersione, e si ritrovò accanto alla sorella per miracolo che le indicava con gesti molto concitati di raggiungerla. Ma era impossibile, visto che i due tipi la trascinarono a tutta velocità verso il palco, e non ci fossero state le transenne, Belinda era sicura, che si sarebbe ritrovata sotto la batteria di Gustav a fare da pedaliera.
I due tipi abbassarono la testa a guardarla, quasi sorpresi di trovarsela li, e lei con un sorriso di circostanza, alzò le spalle e a grandi bracciate, fece cenno alla sorella di raggiungerla. Senza tanti complimenti le due ragazze arrivarono, rallegrandosi per il posto conquistato.
“Sei stata una grande, neanche a cannonate saremmo riuscite ad arrivare qui!” le gridò Naomi, abbracciandola forte.
Belinda abbassò lo sguardo, non osando confessare che il merito era dei due watussi che l’avevano agganciata … anche se a pensarci bene, la vista era proprio bellissima.
Erano in una posizione un po’ laterale dal palco, ma si riusciva sia a guardare la band dal vivo, sia sul maxischermo posizionato proprio lì vicino.
Era anche un po’ sorpresa della compostezza dei fans che non spingevano in direzione palco, creando la solita calca da panico, ma prendevano posizione nel parterre, in modo ordinato e colorato. Inutile dire che il colore dominante era il nero, con pennellate colorate qua e là di rosso e cartelloni bianchi dipinti come murales. Era quella la parte bella dei concerti: la leggera eccitazione che ti prendeva dai piedi, ti saliva come un formicolio lungo il corpo e quando incontrava la musica, esplodeva in una irrefrenabile voglia di urlare, gridare, far sentire la propria presenza.
Belinda cominciò ad abbandonare la sua diffidenza: era inutile resistere! Cominciava a sentire una corrente lungo tutta la schiena, aveva voglia di muoversi, di cantare, di lasciarsi andare. Anche se la sua mente cercava di resistere, trovarsi di nuovo in mezzo alla gente, dove la musica era il solo mezzo di comunicazione, la faceva sentire viva.
All’improvviso le luci cominciarono a dardeggiare, un leggero fumo si alzò dal palco e qualche nota cominciò a sentirsi nell’aria. Dal pubblico si alzò un boato, mentre a gran voce si gridavano i nomi dei ragazzi della band.
Una voce dalla regia diede l’annuncio: “Wilkommen in Tokio Hotel” e subito sul palco apparvero i gemelli, seguiti da Gustav e Georg, che presero posizione dietro gli strumenti.
L’aria divenne elettrica e non appena partì la prima nota dalla chitarra di Tom, tempo e spazio non furono più gli stessi.
Bill teneva il palco in un completo nero con anfibi altissimi (e dire che era già di altezza stratosferica per Belinda!), una giacca di pelle nera a maniche corte e capelli sparati all’aria, quasi a ricordare un antico romano.
Belinda si appoggiò alla transenna, lasciandosi trasportare dalla musica, non sentendo neanche più la sua pesantezza fisica, ma come cullata in una dimensione che non era reale.
Al suo fianco Naomi ed Annalisa cantavano, coinvolte, le canzoni, battendo le mani e saltellando sul posto, con gli occhi lucenti e il sorriso sulle labbra.
Lei ricordava come ci si sentiva sul palco ….
Per carità non aveva mai cantato davanti ad un pubblico di tale portata, ma quando c’è qualcuno disposto ad ascoltare quello che hai da dire, che hai da comunicare, uno o centomila, non hanno importanza.
Sentiva l’adrenalina prendere posto in lei, la musica rimbombare nelle sue orecchie e un vecchio formicolio pizzicarle le dita.
Oh, quanto aveva voglia di avere una chitarra tra le dita, pizzicare le corde, sentire come rimbombava il suono nella cassa e lasciare che la testa si muovesse da sé.
Senza accorgersene cominciò a canticchiare, improvvisando sui testi che non conosceva, anche se ascoltando attentamente, si potevano quasi prevedere le parole.
Però, quel Bill! Non faceva testi ricercati, ma così semplici e scorrevoli, che sembravano nascere dal cuore. E quella musica, così accordata, così coinvolgente … Vabbé, non erano gli U2, ma come inizio, ci si poteva accontentare.
E Bill parlava, correva sul palco, scherzava con il fratello, non sembrando mai stanco, anzi aveva una grinta pazzesca e sembrava che non vivesse che per quel momento.
Non si stancava di ringraziare le fans per la loro energia, per il loro incitamento, e lui si fondeva in quella miscela, restituendola amplificata e arricchita di tutto l’amore che sentiva per quel che faceva.
Belinda si fermò un istante a guardare attentamente il palco sul maxischermo: poteva seriamente rinunciare alla musica? Se un concerto a cui non voleva neanche andare la rendeva così fragile, così ricettiva, cosa avrebbe provato ad essere lei su quel palco?
Un calore violento la invase tutta e si ritrovò a cantare più forte sulle note di ‘Automatic’ che partì subito dopo.
All’improvviso la musica cessò di colpo, le luci si abbassarono e un boato si alzò dal pubblico.
Con un sorriso Bill si sporse verso il pubblico, dicendo:
“Non ricordo come va avanti questa canzone: c’è qualcuno disposto ad aiutarmi, venendo sul palco e cantare con me?”
Si scatenò l’inferno, con ragazze che urlavano “scegli me!!” e quelle che cercavano di proiettarsi verso il palco, cercando di scavalcare la transenna.
“Cercheremo una persona con l’aiuto della regia: illumina il pubblico!” sentenziò Bill, invitando le luci a perlustrare la folla.
Un grande cerchio luminoso si mosse sulla folla urlante e c’erano tantissime ragazze che si sbracciavano cercando di attirare l’attenzione.
“Vai tu!” disse ridendo Naomi diretta alla sorella “Almeno sei intonata!”
“Ma non dirlo neanche per scherzo!” ribatté Belinda.
Ma Naomi e Annalisa si sbracciavano più forte e cominciarono ad indicarla in direzione della luce, che si fermò nei loro pressi, continuando a cercare.
Naomi prese allora la sua collana a forma di croce con strass e la usò come specchietto, attirando l’attenzione di Bill che indicò alla luce di spostarsi in quella direzione. Ottenuta l’attenzione, la ragazza indicò la sorella che cercava di abbassarsi per non essere visibile, ma senza successo.
“Oh, ma c’è una volontaria!” esclamò Bill “Va bene, ragazzi, fatela salire!” disse agli uomini della security.
Belinda scalciava e cercava di liberarsi dalle mani che si protendevano verso di lei, ma nessuno capiva che lei desiderava essere lasciata stare e scambiavano il suo agitarsi come una richiesta di aiuto per essere issata al di là della transenna.
Mentre le due ragazze ridevano a crepapelle, Belinda si ritrovò nell’area antistante al palco, con un boy della sicurezza che la sollevava come un fuscello e la metteva sul palco.
... continued ...

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