Dream island!

Questo è un porto sicuro, dove si rispetta ogni essere vivente: ben arrivato, straniero!

venerdì 29 ottobre 2010

Il viaggio ...

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Il treno partì fischiando dalla stazione di Torino in direzione Berlino, lasciandosi alle spalle persone che salutavano, dalla banchina, i viaggiatori che si allontanavano.

Belinda si sedette al suo posto con un sospiro, sperando che l’aria condizionata entrasse in funzione al più presto, visto che l’afa estiva si faceva sentire già dal mattino presto.
Era un bel mattino di fine giugno, il cielo era limpido, ma non c’era un filo di brezza.
Si perse a fissare dal finestrino il paesaggio cittadino che cominciava a sparire, lasciando il posto alle colline della provincia che erano di un verde brillante, punteggiate da chiazze di fiori colorati.
Una risatina sommessa la riportò alla realtà e si voltò a guardare le due ragazze sedute di fronte a lei, così diverse eppure così uguali.
Annalisa era bruna di capelli e di occhi, ma aveva un sorriso dolce e luminoso che le dava un’aria più giovane. Le stava sorridendo anche ora, mentre diceva:
“Grazie per aver convinto mio padre a farmi venire. Sai, lui non ama molto i tedeschi, visto che li incontra per lavoro e non era molto entusiasta all’idea che io andassi in Germania.”
“Non preoccuparti, per me è stata la soluzione migliore, così tu dai un’occhiata a questa fatina pazza mentre io sarò impegnata all’università.”
“Ma sei proprio decisa?” le chiese la ragazza.
“Ho bisogno di fare qualcosa di diverso e poi studiare lingue all’estero è quello che occorre, se voglio un giorno riuscire a trovare lavoro presso le Organizzazioni Umanitarie Internazionali!”
“Sì, è un bel progetto ma … la musica?”
“Niente più musica per un po’!” rispose secca la ragazza, mentre sentiva Naomi che sussurrava all’orecchio dell’amica “Non ha portato neanche la chitarra!”
Sì, niente musica per almeno un po’ di tempo!
Sentiva ancora tanto dolore a guardare la sua chitarra nell’angolo più remoto della camera, ma non riusciva a toccarla senza che terribili ricordi la sommergessero.
Eppure era passato quasi un anno da quando Alex era sparito … Sembrava una intera vita … e anche se non sobbalzava più nel sentire il suo nome, non cambiava marciapiede per non passare davanti alla sua casa, non abbassava la testa nell’incontrare per strada suoi amici e parenti, l’unica cosa che riusciva a farle male, era ascoltare la loro musica, cantare le loro canzoni, suonare quella chitarra.
Il viaggio nella sua anima era stato lungo e doloroso, ma non riusciva a rinascere dalle ceneri del suo dolore e tornare al suo amore per la musica.
Non riusciva a comporre, a suonare e meno ancora a cantare!
A volte si sorprendeva a canticchiare qualche jingle che passava alla radio, qualche sigla intrigante, ma nulla di più. La musica aveva eretto una tomba nel suo cuore e non sarebbe mai più tornata … vedeva solo ombre scure, echi di vecchie risate e sussurri che non erano più suoi.
Le canzoni erano chiuse in un cassetto, gli spartiti nascosti in soffitta e la chitarra languiva in un angolo, semicoperta da una sciarpa nera, quasi a richiamare il suo lutto. Anche il piccolo tatuaggio a forma di chiave musicale con le ali che aveva tatuato su un fianco, era ostinatamente coperto da magliette troppo lunghe.
Lentamente scivolò nel sonno e i pensieri bui si persero nel nulla.
Si svegliò qualche ora dopo a causa di un leggero scrollare: era sua sorella che le chiedeva se voleva mangiare qualcosa, visto che sarebbero arrivare nel giro di un’ora ed era meglio essere a stomaco pieno.
Borbottò qualcosa e si accinse a seguire le due ragazze nel vagone ristorante, dove prese un’insalata e della frutta, mentre le altre trangugiavano una montagna di cibo.
“Beata gioventù!” si disse guardandole, anche se sapeva che di anni di differenza ne avevano pochi.
Belinda doveva compiere venti anni a ottobre, mentre Naomi ne compiva sedici a settembre e Annalisa a dicembre. Ma per lei erano come un abisso e tendeva a considerarle ancora delle ragazzine, le cui uniche problematiche erano la scuola, i ragazzi, i vestiti.
A sedici anni Belinda già componeva musica e cantava nei locali fumosi dell’underground torinese, con una rock band, urlando tutta la sua rabbia e scatenandosi a ritmo di musica. Unica nota dolente, come la chiamavano gli amici ridendo, era che lei non aveva una vita spericolata e alle serate l’accompagnava il papà con la moto.
Però era forte sul palco, con la sua voce graffiante e suadente, non molto alta, ma che comunicava tutte le sfumature della musica rock.
Belinda aveva cominciato a suonare a otto anni la tastiera, ma l’amore per la chitarra era nata alle medie e non l’aveva più mollata. Quante volte i genitori la trovavano addormentata ai piedi del letto, abbracciata alla chitarra ….
Ma l’amore per Alex aveva rovinato tutto: la sua vita, la sua musica, i suoi sogni …
Con un sospiro ritornò alla realtà, riportando lo sguardo sulle ragazze, che stavano leccando dal cucchiaino l’ultimo pezzo di cioccolato del dolce che avevano preso.
“Se qualcuna di voi si sente male, la mollo al primo angolo di strada, intesi?” le riprese con uno sguardo di finto disgusto.
“Non ho mai vomitato in vita mia!” le rispose risentita Naomi, alzandosi per tornare alla loro carrozza.
Dopo qualche tempo, il treno entrò nella stazione di Berlino, tra lo stridere dei freni e il rumoreggiare dei viaggiatori.
Un altoparlante comunicò che il treno era arrivato in orario e si affrettarono a prendere i loro bagagli e scendere.
“E adesso ci facciamo quattro risate, nel cercare di capire cosa ci dicono e nel farci capire!” disse ridendo Annalisa.
Tutte parlavano il tedesco, Belinda e Naomi a causa della mamma che era di origine tedesche e quindi lo parlavano sin da piccole, l’amica avendolo studiato a scuola per quasi otto anni, anche se nessuna di loro lo aveva mai sperimentato in terra tedesca, e quindi con una lingua in continua evoluzione.
Uscirono fuori dalla stazione guardandosi intorno curiose ed ammirando la bellezza della città. Trovarono un taxi che le accompagnò in albergo dove avevano deciso di stare per qualche giorno, in attesa di recarsi poi a Potsdam dove era ubicata la sede universitaria del progetto di Belinda.
Alla reception trovarono tutto pronto e una sorridente ragazza bionda porse loro la chiave, augurando un piacevole soggiorno ed informandosi se erano interessate a prenotare la cena per la sera. Accettarono di buon grado e si recarono in camera per rinfrescarsi e depositare le loro cose.
“Bel posto!” esclamò Naomi entrando e buttandosi sul letto centrale della camera “Brava la mia sorellona, hai scelto proprio bene!”
“E che bella vista!” esclamò Annalisa, affacciandosi al balconcino che dava sulla strada, dalla quale si vedevano le stradine affollate e le vetrine illuminate.
“Sì, me lo ha consigliato una compagna universitaria che viene spesso a Berlino per studio, quindi siamo andate abbastanza sul sicuro!”
In effetti la camera era in ordine, pulita, spaziosa abbastanza per contenere tre letti singoli, un armadio, uno scrittoio e un bagno privato.
Le tende e i copriletti erano di un discreto colore arancio che davano colore a tutta la stanza.
“Ho proprio bisogno di una doccia!” esclamò Belinda “Posso andare per prima o qualcuna ha urgenza?”
“No, vai pure! Ti dobbiamo almeno questo, come ringraziamento!” le disse Annalisa, ridendo e sdraiandosi sul letto.
... continued ....

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