Dream island!

Questo è un porto sicuro, dove si rispetta ogni essere vivente: ben arrivato, straniero!

venerdì 29 ottobre 2010

Comincia l'avventura ....

Capitolo 1


Il sole stava sorgendo e tra qualche attimo avrebbe illuminato i contorni della casa dai tetti rossi che Belinda ogni giorno vedeva dalla finestra della sua camera.
Le sagome delle cose erano sfocate, i suoni ovattati e i colori ancora leggermente velati di grigio. Si udivano i rumori dei carretti che andavano ad allestire il mercato della piazza, le prime auto che portavano le persone al lavoro e il discreto cinguettio dei canarini del vicino di casa.
In sottofondo, udiva il leggero russare di suo padre, che aveva fatto il turno di notte e sorrise tra sé: nessuno avrebbe pensato che quell’uomo grande e grosso avesse un cuore di burro e la sua leggera barba incolta e quel sopracciglio leggermente sbilenco, metteva parecchie persone in leggera ansia.
Belinda adorava suo padre, lo considerava uno spicchio della sua anima ed era orgogliosa ogni volta, che in un attacco di rabbia, la madre gli rinfacciava che era “tutta suo padre”, perché non mollava la sua posizione, era abbastanza rigida sulle sue idee e non sopportava sotterfugi e “trame da telenovelas”.
Anche se l’idea che fosse tutta suo padre strideva molto con la realtà: Michele Taddei era un uomo alto più di un metro e ottanta, capelli neri e occhi verdissimi, un sorriso che aleggiava sulle labbra e per nulla propenso ad alzare la voce o arrabbiarsi. Anzi, la sua calma proverbiale era un segnale che bisognava stare all’erta, che bisognava dosare bene le parole e i gesti, se si voleva ottenere un qualche risultato.
Belinda era di statura piccola, arrivava a stento al metro e sessanta, capelli castano dorati leggermente ondulati, occhi verde scuro, fisico esile e carattere ombroso. Era diffidente sin da piccola, studiava le persone prima di concedere un sorriso o una parola, anche se era molto legata alla madre a cui concedeva di conoscere il suo animo tormentato, i suoi dolori, i suoi sogni … erano molto in sintonia.
Queste caratteristiche avevano fruttato a Belinda il nomignolo affettuoso di “principessa Selena” che faceva riferimento al volto scuro della luna. Quando in famiglia qualcuno usava quel nome, significava che cominciava ad essere pesante da sopportare e in quel modo carino, le ricordavano di ritornare ad essere se stessa.
Il trillo leggero della sveglia le ricordò che quel giorno era un momento che aspettava da almeno un anno, anche se, adesso era in leggera agitazione.
Mentre si accingeva a tirarsi su, un leggero scalpiccìo di piedi l’avvertì che Naomi era in arrivo con tutta la sua carica di vitalità.
Belinda alzò gli occhi al cielo, respirò profondamente e si preparò ad affrontare la sorella minore nella migliore predisposizione d’animo.
In un secondo se la ritrovò sul letto, con i capelli arruffati, mezza addormentata, ma con il sorriso impertinente e tenero che aveva sempre per lei.
“No!” disse Belinda in modo categorico, guardandola seria.
“Ti prego!” miagolò Naomi, allargando il suo sorriso.
“Forse ti regalerò un dizionario così impari il significato delle parole!” sbuffò, alzandosi ed avviandosi verso il bagno.
“Me lo avevi promesso, però!” le rinfacciò l’altra con un tono petulante.
“Ti avevo promesso una gita, non un soggiorno in un campus tedesco. Io ci vado per pianificare i miei studi e capire se posso trasferirmi!” le ricordò Belinda sbuffando.
“Ma ti prometto che non sarò di peso, resterò buona in albergo ad aspettarti mentre tu sei al campus e se quando rientri non sei stanca, allora andremo a visitare la città!”
“Trilly, per favore! Non voglio visitare la città, … non me ne importa nulla! Voglio solo…”
“… scappare da Torino per un po’, lo so!” finì la frase Naomi.
“Non sto scappando da un bel nulla!” scattò Belinda girandosi per fronteggiare la sorella.
“Se lo dici tu…!” bofonchiò Naomi, alzandosi e mettendo il muso.
Belinda sentì dentro esplodere tutta la sua voglia di urlare: lei non stava scappando!
Aprì la porta del bagno con violenza e se la tirò dietro con tutta la forza, facendola sbattere.
Vi si appoggiò contro e fece un profondo respiro: non era giusto! Aveva spiegato varie volte a tutti questo suo desiderio di trasferirsi in Germania per un anno accademico per un progetto di scambio universitario e anche se aveva faticato un po’ con i genitori, alla fine avevano capito. Naomi invece l’aveva presa malissimo e non accennava a mollarla.
Belinda sapeva che sua sorella adorava tutto ciò che era tedesco da quando, un paio di anni prima, si era innamorata a prima vista di un gruppo di cantanti pop-rock tedeschi, i Tokio Hotel e del suo carismatico leader vocale.
Inoltre sua sorella sapeva benissimo che lei non amava andare in giro per negozi, musei, concerti e varie, ma si era ostinata ad accompagnarla nel viaggio, rincorrendola per una settimana e promettendole le cose più assurde, se l’avesse portata.
Un leggero bussare alla porta la fece sobbalzare e dire seccamente:
“Posso avere qualche minuto di privacy?”
“Sono io!” disse una voce calda e tranquilla al di là della porta.
Quelle due parole, pronunciate così chetamente, le fecero sbollire la rabbia e aprì la porta quasi immediatamente.
Si ritrovò davanti un viso di donna che sarebbe potuto essere il suo tra vent’anni, la cui unica differenza erano gli occhi, di un nocciola scuro, brillanti e vivaci.
“Non prendere le sue difese!” le disse puntando un dito con aria difensiva.
“Non ci penso proprio!” le rispose la donna, ridendo “Volevo solo sapere se stavi bene e se volevi un cappuccino prima di andare via!”
“Sì …, si grazie!” mormorò Belinda, sospirando.
Tracy sorrise aprendo la porta e mentre usciva, le sussurrò:
“Trilly è in agitazione perché non ti vuole perdere ancora e preferisce starti vicina perché ti vuole bene! Non avercela con lei!” e, uscendo, si chiuse la porta alle spalle.
Trilly! Belinda fece un sorriso affettuoso pensando al nomignolo che aveva affibbiato alla sorella quando era nata perché la sua risata le ricordava un trillare di campanelle. Ed in effetti Naomi aveva sempre un sorriso pronto, due occhi verdi e brillanti, una capigliatura riccia e bionda e un carattere molto affettuoso. E poi aveva un grande cuore, sempre pronta ad aiutare, ascoltare e farsi in quattro per gli altri.
Le venne in mente l’immagine di Naomi diversi mesi prima, accoccolata ai piedi del suo letto, mentre le canticchiava una nenia per consolarla del suo dolore e le accarezzava una mano.
Le si strinse il cuore e una folata fredda le attraversò la schiena … “Basta!” si disse e aprì l’acqua fredda per sciacquarsi il viso.
Dopo qualche minuto si diresse in camera sua per vestirsi e mentre passava accanto alla cucina, scorse Naomi intenta a scrivere sms alla sua amica del cuore, con aria abbacchiata.
Indossò un paio di jeans, una t-shirt, le sue comode scarpe da ginnastica e legò i capelli in una coda, passandosi un sottile filo di matita agli occhi.
Diede un’occhiata al trolley pronto in un angolo, alla sua giacca di pelle e sospirò.
Inutile, quella piccola strega aveva vinto ancora una volta … altro che fata!
Tornò in cucina, si sedette su uno sgabello al banco e gettò un’occhiata alla ragazza bionda, che fingeva di non averla vista e si ostinava a pigiare i tasti sul telefonino.
“Visto che ci sei, dì ad Annalisa che le do’ solo mezz’ora per preparare la valigia, che sia leggera e che sia pronta sulla porta di casa quando passiamo!” disse sorridendo, mentre addentava un pezzo di muffin al cioccolato.
Il trillo di campanelli risuonò nella cucina ed era la risata di Naomi mentre si sollevava dalla sedia, abbracciava la sorella, le schioccava un sonoro bacio sulla guancia e si precipitava a vestirsi, inviando a velocità supersonica un messaggio all’amica del cuore.
Il sorriso di Belinda si allargò e sentì una dolce carezza sul cuore, mentre guardava negli occhi sua mamma, che continuò a versare il caffè nella tazza con un sorriso complice.
“E se non fa la brava, potrai sempre punirla, tagliandole i fondi da spendere!” le disse alludendo alla mania di shopping che aveva Naomi.

... continued ...

Nessun commento:

Posta un commento